giovedì 29 luglio 2010

immagina

Sergio Davanzo. Esprime con forza i propri pensieri. Coccola con tenerezza i propri sogni. Ti mostra parti insospettate e inattese di sè, a volte svelandole per gradi, a volte ostentandole all’improvviso, provocando, beffardo. Davanzo dipinge. Una combinazione irrisolta di motivazioni lo spingono ogni volta. Per bisogno. Per voglia. Per gioco. Per dovere. Molti dei suoi quadri sono figli di una forte necessità comunicativa. La necessità di trascendere i limiti delle parole, delle dimensioni spazio-temporali, delle forme codificate, creandone di nuove, più belle, più intense, e dare così rinnovata voce a pensieri profondi, complessi. Ci sono poi i lavori che nascono dal semplice desiderio di lasciarsi andare alla più poetica evocazione di immagini e suggestioni viste e vissute. Essa sfocia poi nella compiaciuta ricerca di complicità di chi guarda e prova, e sente, e, sentendo, rivive. Il risultato è una sorprendente gamma di aperture e contaminazioni sinestetiche, cromatiche e materiche. Nel modus operandi di questo artista spesso un pensiero diventa tematica. Si espande. Definisce in maniera autonoma e prepotente i propri leit motive. Li varia, li allarga, li propone nelle più accattivanti sfumature, per poi gonfiarsi al massimo e, finalmente esplodere, esausto. Finito. Risolto. Perciò i quadri di Sergio sono per lo più contestualizzabili in gruppi. seguono cioè un filone comune fino a prosciugarlo. A volte però l’artista dalla conclusione di una linea ispirativa ne ha già tratte diverse altre. A volte lascia passare del tempo prima di permettere a nuovi tratti di catturare il suo istinto. E il suo pennello. Questo è Sergio Davanzo che dipinge. I suoi soggetti sono vari, disparati. Molto vuole raccontare. I volti, le voci del passato e del presente, i luoghi che lo hanno visto iniziare il suo percorso di uomo e di artista. Il cane. La famiglia. Coloro che se ne sono andati, coloro che verranno. Una ruga sulla fronte. Il sibilo di un tornio in officina. Un caleidoscopio minimalista di immagini, momenti epifanici, che sergio trasporta su tela. Che, se necessario, trasporta, come è solito dire “nello spazio”. E sicuramente i titoli creativi e fantasiosi che Sergio Davanzo affianca ai dipinti, fanno parte di questo modo semiserio di vivere e concepire le proprie necessità. Deliziosi, spesso fortemente ironici, stupiscono, per poi lasciarti addosso una scia di riflessione, che ti stuzzica come l’aroma del rum nel gusto di un dolce appena sfornato. Di cui Sergio, provetto “chef de rangue”, ha scritto e realizzato la ricetta apposta per te.




prof. MARIA SOLE POLITTI

mercoledì 28 luglio 2010

Mah!


La nostra rivoluzione



Da notti sui libri

Della messa in collegio

Dal fumare in gabinetto

Dalla domenica con i genitori

Dal buco a spiare

Dietro la porta a sentire

È nata.

Nell’assemblea d’autunno

Nelle canzoni

Nei volantini

Nelle scritte sui muri

Nelle occupazioni

Nei baci sui muretti

È cresciuta.

Con le infiltrazioni

Con le delusioni

Senza modelli

Troppi si sono sciolti

È rimasta

L’ironia del folclore

La violenza dell’isolamento

La voglia di invecchiare.

La nostra rivolta era

Essere padri di noi stessi

Questa è altra cosa

E noi ancora figli

Muti

A guardare.





Sergio Davanzo

mercoledì 21 luglio 2010

venerdì 9 luglio 2010

Abissi

Credo importante affidarmi a Conrad per questa mia esibizione:

Il monologo di Kurz (Apocalypse Now – Cuore di Tenebra di Joseph Conrad)






"Io ho visto degli orrori, orrori che ha visto anche lei, ma non ha il diritto di chiamarmi assassino, ha il diritto di uccidermi, ha il diritto di fare questo, ma non ha il diritto di giudicarmi, e' impossibile trovare le parole .... per descrivere, cio' che e' necessario, a coloro che non sanno cio' che significa l' orrore, l' orrore ha un volto, e bisogna farsi amico l' orrore, orrore e terrore morale sono i tuoi amici, ma se non lo sono, essi sono dei nemici da temere, sono dei veri nemici, ricordo quando ero nelle forze speciali, sembra migliaia di secoli fa, andammo in un campo, per vaccinare dei bambini, lasciammo il campo dopo aver vaccinato i bambini contro la polio, piu' tardi venne un vecchio correndo a richiamarci, piangeva, era cieco, tornammo al campo, erano venuti i vietcong e avevano tagliato ogni braccio vaccinato, erano in un muchio, mucchio di piccole braccia, e .. mi ricordo che ho pianto, pianto come... come una madre, volevo strapparmi i denti di bocca, non sapevo quel che volevo fare, io voglio ricordarlo, non voglio mai dimenticarlo, non voglio mai dimenticarlo. Poi mi sono reso conto, come fossi stato colpito, colpito da un diamante, una pallottola di diamante in piena fronte, e ho pensato .... mio Dio, che genio c'e' in questo... che genio, che volonta' per far questo, perfetto, genuino, completo, cristallino, puro, e cosi' mi resi conto che loro erano piu' forti di noi, perche' loro lo sopportavano, questi non erano mostri, erano uomini, quadri addestrati, uomini che combattevano col cuore, che hanno famiglia, che fanno figli, che sono pieni d' amore, ma che avevano la forza... la forza di far questo...., se io avessi 10 divisioni di questi uomini, i nostri problemi qui, si risolverebbero molto rapidamente, bisogna avere uomini con un senso morale, ma che allo stesso tempo siano capaci di ... utilizzare i loro primordiali istinti di uccidere senza emozioni, senza passioni, senza discernimento ... senza discernimento, perche' e' il voler giudicare che ci sconfigge "

Sergio Davanzo

giovedì 8 luglio 2010

Oltre - Beyond

Questo mio lavoro intitolato “Oltre – Beyond” vuole essere un modesto aiuto atto a distinguere quel filo invisibile che lega e collega ogni cosa, ogni persona e ogni avvenimento, in uno stretto legame, a volte, misterioso ma significativo. Vedere oltre l'apparenza ci può aiutare a leggere i segni che influenzano la nostra vita.
Sergio Davanzo

martedì 6 luglio 2010

Quando la Terra è dominata da un padrone-macchina... quando i robot sono più umani dell'umanità.

"Ogni macchina contiene frammenti di codice e ogni codice forma un protocollo, una forma di comportamento che può anche essere la radice di ciò che noi chiamiamo un anima! " (tratto da I Robot)




Ritengo di non dover commentare ulteriormente questa mia esibizione “I ROBOT”.


Ogni riferimento con la nostra attuale società non è casuale pertanto per coloro che non conoscessero Asimov e le sue opere invito a leggere le note seguenti:

Io, Robot (I, Robot) è un'antologia di racconti di fantascienza di Isaac Asimov, del 1950. Contiene 9 storie scritte fra il 1940 e il 1950, che hanno per protagonisti i robot. Sono basate sul tema delle tre leggi della robotica, sulle loro contraddizioni e le loro apparenti falle. Le storie sono scritte in modo da essere ognuna indipendente dalle altre e hanno un tema che conduce all'interazione fra il genere umano, i robot e la morale, e combinati insieme ci danno un'ampia visione dell'opera di Asimov sulla robotica. E' precedente a Il secondo libro dei robot e a Antologia del bicentenario. I racconti principali contenuti in questo libro per sviluppo dell'Universo della fondazione, sono stati poi riuniti in Tutti i miei robot.

Quando la Terra è dominata da un padrone-macchina... quando i robot sono più umani dell'umanità.

I Robot e l’impero:

In pochi anni dall'approvazione Auroriana alla colonizzazione congiunta Spaziale-Terrestre, i Coloni Terrestri occupano e incominciano a terraformare moltissimi mondi. Nel momento in cui si svolgono le vicende di I Robot e l'Impero siamo a quota 26. Al contempo gli Spaziali non si sono ancora mossi e in fin dei conti, secondo l'analisi di Asimov,non poteva che essere cosi, viste le condizioni di assoluto benessere in cui essi si trovavano. Se vivi bene e a lungo in casa tua... perché cercare una nuova casa?

Nel libro non c'è più Elijah Baley, ormai morto da 200 anni, ma sono ancora presenti i robot Daneel Olivaw e Giskard Reventlov. A sostituire Elijah, ci sarà un suo discendente di settimo grado, il "capitano" Daneel Giskard Baley (abbreviato D.G. Baley). Saranno loro ad accompagnare l'ancor viva Lady Gladia per vari pianeti (Solaria, Baleyworld, Aurora e Terra) fino a scoprire il mistero che si cela sotto il libro. Kelden Amadiro, capo dell'istituto di robotica, e il suo brillante aiutante Levular Mandanus hanno infatti un piano per distruggere la Terra, aumentando le reazioni radioattive dell'uranio e del torio per rendere inabitabile il pianeta nell'arco di due secoli.

Daneel e Giskard cercheranno in tutti i modi di impedirne la realizzazione, scontrandosi con i limiti loro imposti dalle leggi della Robotica. È qui che Daneel formula la Legge Zero della robotica (un robot non può causare danno all'umanità o permettere che a causa della sua inazione l'umanità subisca danno). Proprio basandosi sulla Legge Zero, al termine del romanzo Giskard permette che Levular inneschi il meccanismo per rendere radioattiva la Terra (impedendo altresì a Amadiro di impostarlo alla massima potenza, cosa che avrebbe distrutto il pianeta in pochi anni); ha infatti capito che se ciò avverrà gradualmente i terrestri potranno fuggire dalle loro "prigioni" e dimenticarsi di quel pianeta considerato sacro che ancora ostacola il loro sviluppo. In sostanza l'abbandono forzato della Terra è la migliore scelta per l'Umanità. Nonostante la Legge Zero, Giskard si blocca, il cervello positronico devastato dalla consapevolezza che molti umani moriranno nel processo e che non ci sono garanzie che alla fine non siano gli Spaziali a trionfare e poi a decadere, lasciando una galassia disabitata. Tuttavia, prima di disattivarsi riesce a trasferire i suoi poteri "telepatici" a Daneel, assegnandoli il compito di prendersi cura dell'umanità.

(Tratto da Wikipedia)

Sergio Davanzo

Tributo a Jackson Pollock

Dall’Assoluto pensabile della razionalità occidentale, all’Assoluto autodistruttivo del Neoromanticismo. Dalla prima Relatività di Einstein, alla teorica del Big Bang. Antinomie e continuità. Questo è Pollock e come diceva Paul Klee “a tentare l’impresa di rendere visibile ciò che non lo è”.


La mente più grande e disperata della pittura contemporanea ha sciolto i contatti con il mondo, con le sue regole ottiche e con la sua cultura.

Il confine oltre il quale si apre la libertà, non è più attraversabile con gli strumenti dell’arte.

(Fabio Caroli)

La mia pittura parte dalla lezione di J. Pollock. Tributare una mostra a lui in un bar galleria “Universo” a Panzano, quartiere cantieristico di Monfalcone, non è una provocazione come potrebbe sembrare, ma un luogo ideale tra centinaia di operai extracomunitari e non, depositari di una cultura mai ufficialmente riconosciuta quale risulta essere quella della fatica dell’apprendimento dei mestieri e più in generale del lavoro stesso.

In un luogo come questo il messaggio pittorico “passa” anche in assenza di capacità culturali idonee alla decodificazione del segno, dell’utilizzo della materia adoperata, della tecnica adottata e di tutti quegli elementi cari agli affabulatori che ti illustrano la tua arte senza fartela capire.



Sergio Davanzo

lunedì 5 luglio 2010

Da Rothko a Sam Francis passando per Panzano


"... La progressione dell'opera di un pittore, mentre procede da un punto all'altro nel tempo, sarà diretta verso la chiarezza, verso l'eliminazione di qualunque ostacolo tra il pittore e l'idea, e tra l'idea e l'osservatore..."
(Mark Rothko)


Influenzato dalla pittura color-field, Sam Francis lavora su fondi bianchi, sui quali applica macchie di colore sfumate lasciate libere di scorrere, racchiudere o liberare lo spazio vergine.

Questa mia esibizione si sviluppa tra i due modi “sentire” la pittura. Quello di Rothko e Sam Francis avendo coscienza di essere nato e cresciuto in un rione operaio del nord est: Panzano.
Sergio Davanzo

BLU

Osservo il mare e non capisco come esso possa essere sempre diverso. Non saprei definire meglio; però non ho mai avuto la sensazione di averlo già visto in precedenza. Forse è un po’ come i volti degli uomini : non ce ne sono di identici. Questa è un’acqua che rotola su se stessa dall’Artico all’Antartico , dall’Asia all’America. Immagino grattacieli di sale sul fondo, echi di naufraghi che si espandono e si ricompongono come una sorta di arabeschi di un fumo di sigaretta nell’aria. Il lungo gioco del fare e disfare. La vita di un uomo è un’orma sul bagnasciuga, tra un’onda e l’altra, la cui durata è affidata al vento che impone il ritmo all’onda. Perché un uccello non può volare dentro al mare ?
Sono le 9.45 di venerdì 1 marzo 2002 in latitudine 25° 22’ Nord attraversiamo la Linea delle Date.
Dall’estremo Est del mondo, nello spazio di un secondo passiamo nell’estremo ovest.
Immagino un doganiere di dio chiederci : “Anything to declare?”.

Tratto da "Crossing" di Sergio Davanzo