lunedì 1 marzo 2010

Maria Sole Politti introduce la mostra personale di Sergio Davanzo: "Acqua Sporca"

“L’acqua era buia assai più che persa
e noi, in compagnia de l’onde bigie,
intrammo giù per una via diversa.
In la palude va ch’ha nome Stige
Questo tristo ruscel, quand’è disceso
Al piè de le maligne piagge grigie.”
(Dante, Inferno, VII 103-108)


Acqua Sporca: Davanzo rinuncia al colore in favore di una necessaria preoccupazione di natura ecologica.
L’acqua per Sergio Davanzo pittore è stata a più riprese fonte di ispirazione ed energia, ma rappresenta anche parte integrante del mezzo che usa per esprimersi, componente essenziale del colore stesso, poiché predilige l’acrilico. È l’acqua che lo diluisce e rende fluido. È ancora l’acqua che lava il pennello, lo pulisce anche metaforicamente, liberandolo dal retaggio di quanto ha già dipinto. Ciò che resta dopo la lavatura del pennello è Acqua Sporca.
La tematica di questa personale di Davanzo affronta in termini profondi il problema dell’inquinamento. Non solo le nostre acque, dai mari ai laghi, sono afflitte dalla presenza di sostanze chimiche non smaltibili, ma è l’intero ciclo dell’acqua ad essere preso qui in considerazione. Si mette cioè a fuoco il male sottile che priva l’elemento acqua delle sue proprietà purificatrici, di naturali e rituali. La principale caratteristica di questo percorso tematico è l’assenza quasi totale di colore. L’energia di rinascita e rigenerazione e la forza vitale di linee e forme, vengono meno. Rimane solo una loro traccia, espressa da una ampia e complessa gamma di grigi che segnano leggeri linee e figure tendenti al geometrismo. Movimento e velocità rimangono sottesi a quasi tutte le tele, così come la forza del tratto. Ma quest’ultima è stavolta un vettore inquietante e volutamente maligno. Reticenti ad abbandonare la produzione di Davanzo, alcune piccole tracce cromatiche permangono, quasi clandestine. Punti microscopici, guizzi, bagliori, circoscritti. Ultime tracce di ciò che era il mondo prima di venire irrimediabilmente compromesso. Una sola, in parte ironica, fonte di speranza è concessa dall’artista in questo panorama di sconfortante ansia. La comunicazione con l’altro da se, con ciò che forse esiste oltre le dimensioni della realtà spazio-temporale, nello spazio. Pertanto l’unica fievole nota di ottimismo viene dai segnali che all’altro si lanciano, in attesa di una risposta che appare estremamente remota, ma pur possibile.

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